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C’è una bambina che corre con il gelato in mano. Ride. E mentre corre continua a ridere. Poi si volta verso la mamma. Che soddisfazione scappare per finta, quando sai che non ti prenderanno mai! Di slancio raggiunge il centro della fontana; si ferma, si sfila i sandali, entra nella vasca. Non è sola, ci sono altri bambini con i piedi nell’acqua. L’estate a Milano sa essere implacabile. La fontana è stata pensata come una piccola piazza, al centro di una piazza più grande, intitolata a Gae Aulenti. C’è chi l’attraversa per raggiungere in fretta l’altro lato della città, altri si fermano e si danno appuntamento lì, come in riva al mare. Nel movimento continuo di umanità, s’incrociano e si mescolano le storie. Flussi dinamici di persone che abitano la città.

Il grattacielo osserva tutto dall’alto. La scultura di specchi lancia un occhio al cielo, le fondamenta ben radicate nel terreno. Anche i palazzi sembrano persone. Dialogano, parlano fitto. Si muovono, anche restando fermi. La cosa che colpisce sono soprattutto le linee curve. In genere gli spigoli di Milano sono angoli retti tagliati con il diamante, Porta Nuova invece scivola via con il tocco morbido di una carezza; regala accelerazioni improvvise, emozioni prospettiche. C’è sempre una via di fuga, lo scorcio di un futuro possibile.

Nel frattempo, nella fontana è entrato anche un cane. A grandi balzi si avvicina alla bambina e la schizza. Lei di colpo si mette a piangere. Il gelato si sta sciogliendo, scivola lungo il cono fin sulla mano. La mamma la chiama, poi si toglie le scarpe e la raggiunge mentre un ragazzo, poco distante, sfreccia con la bicicletta. Incrocia un gruppo di stranieri che si muovono come ospiti, in mezzo a tante persone che vivono il quartiere come una casa.

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