Questo, fino a pochi anni fa, era il comune con la maggiore densità di vigneti nel mondo! Oggi è un territorio molto più selvaggio, con dirupi, boschi, prati incolti.
Un luogo remoto, anche se vicino alle città.
Una terra che custodisce una memoria antica.
E il ricordo riaffiora nei suoi frutti…
Qui mi sento come a casa!
Questo paesaggio fa da sfondo alla storia di Giorgio, un artista della viticoltura. Un uomo libero, lontano dalle convenzioni.
Ha creato il primo vino alchemico: una specie di opera d’arte, come il quadro di un pittore!
Gianni pratica un’agricoltura basata sull’armonia delle relazioni invece che sulla forza delle reazioni!
Il suo vino alchemico nasce in queste vigne, radicate nella memoria della terra. L’uomo è custode dell’equilibrio; con il lavoro ne esalta l’armonia…
Niente deve alterare il rapporto tra la pianta e la terra. Nessuna potatura, nessun concime, neppure la minima traccia di sostanze chimiche!
La lavorazione deve essere pura: solo mani e cuore, seguendo le stagioni, la luce, l’aria…
Giorgio insegna che la vite è un canale d’informazioni: raccoglie la memoria della terra e la trasmette al frutto.
In cantina la macerazione sui raspi è lunghissima. Il segreto del vino alchemico è la fermentazione, che si prolunga finché dell’uva non rimane più né il gusto né il profumo.
Le informazioni che la terra ha trasmesso alla pianta e al frutto riaffiorano lentamente durante la maturazione in botti vetrificate. Occorrono anni, molti anni…
L’uomo – l’artista alchemico – è li che assiste e accompagna la rinascita.
Interventi delicati, assaggi, pazienza, ascolto. Alla fine, quello che si beve è la memoria liquida della pianta. Luce e armonia, in forma di vino!
Il linguaggio della Natura è universale; ci appartiene da sempre.
Una volta aperta, la bottiglia può rimanere all’aria per mesi, anche anni, senza mai alterarsi!
Il vino alchemico di Giorgio è perfezione, e questa è l’Italia della qualità!
Bene, ora è tempo di andare.
Ci aspettano altri paesi e altri paesaggi.
Venite a Canneto Pavese, sulle colline dell’Oltrepò; ma non come turisti – mi raccomando – come ospiti!