SUTTER Storia, valori e innovazione.

Per quasi tutta la giornata il mare aveva schiaffeggiato la spiaggia di Boccadasse e invaso di onde e schiuma il porticciolo.
Arturo Sutter se ne stava in silenzio, seduto su un muretto riparato dal vento a guardare lo spettacolo della natura in tempesta. Poi aveva cominciato a sentire freddo e si era incamminato verso casa. Il volto, apparentemente sereno, nascondeva un groviglio di pensieri. Camminando verso via Orsini respirava piano, cercando di controllare il fiato. Non c’era più niente da fare. Tutto era stato deciso. Bisognava solo aspettare gli uomini della Coopers & Lybrand, gli avvocati delle parti e i dirigenti della Soilax, una filiale della multinazionale statunitense Ecolab. Li avrebbe accolti con un sorriso e avrebbe firmato le carte. Probabilmente sarebbe rimasto sulla soglia di casa a guardarli mentre si allontanavano con l’azienda che era stata della sua famiglia per quattro generazioni. A quel punto l’ansia si sarebbe placata e la mente avrebbe smesso di girare a vuoto. Tutto sarebbe finalmente tornato normale.
Di solito il destino gioca con la vita della gente, si diverte a coglierla di sorpresa. Succede spesso così, ma non sempre. Ci sono persone che si lasciano piegare dalla vita, ma mai spezzare. Individui capaci di scrivere la propria storia. Arturo Sutter è uno di loro. Ma in quel giorno d’inverno, soffocato dalle nuvole e tormentato dalle raffiche dello scirocco, ancora non lo sapeva.
Funziona sempre così: la gente speciale non sa di esserlo, finché non deve provarlo a se stessa.

 

Dalla nota introduttiva di Riccardo Illy

Cinque generazioni unite dalla capacità di comprendere e attuare continuamente i cambiamenti imposti dalla dinamica del mercato e dall’evoluzione dei consumatori, con la coerenza e la forza d’animo derivanti dall’impostazione etica che mai deve cambiare. È la storia di padri e di madri che hanno istillato nelle nuove generazioni il senso della vita…
Un raro esempio che dovrebbe servire da modello ai numerosi imprenditori italiani dotati di grande intelligenza e creatività, ma talvolta anche di troppa impazienza e cinismo.

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Dalla prefazione di Ferruccio De Bortoli

Confesso che ho letto la storia di cinque generazioni della famiglia Sutter con un doppio sentimento. L’ammirazione per la totale e silenziosa dedizione imprenditoriale; un certo disagio pensando al mio Paese, ai tempi della sua giustizia, alle incomprensibili lentezze burocratiche, alle mille inefficienze.
Eppure, se oggi siamo qui a celebrare una straordinaria vicenda industriale di successo, nata nel 1858 nella Svizzera Oberhofen, vuol dire che le qualità del lavoro e lo spirito d’innovazione liguri si sono fusi alla perfezione con il rigore morale e l’etica protestante originaria. Anche la famiglia elvetica del mio amico Ulrico Hoepli, nella quale i nomi si riproducono confusamente uguali come le iniziali dei Sutter, fece qualcosa di analogo, anche se più piccolo, comprando per posta una libreria nel centro di Milano.
Mi domando se lo farebbero anche oggi; se anche i Sutter accetterebbero di mettere su casa e fabbrica in Italia. Se arriverebbe ancora un banchiere alla Toeplitz o un industriale alla Falck. Diventati tutti peraltro, a quei tempi, fieramente, italiani. Qualche volta, preso dal pessimimo dell’età, temo che il nostro Paese si avvii a essere soltanto un grande mercato rinunciando alle proprie ambizioni nazionali.
La lettura di storie industriali come questa mi restituisce un po’ di speranza. I Sutter avevano tutte le ragioni per smettere di fare gli imprenditori o lasciare il nostro, il loro Paese. Ma hanno saputo, nei momenti peggiori, raccogliersi e ricominciare senza mai perdersi d’animo, sorretti da principi solidi e da legami autentici.

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