BREVEMENTE

La stagione di pesca stava per cominciare e la locanda si riempiva di fumo e di marinai. Lo straniero si fece largo tra loro e si avvicinò al tavolo del signor Tuna.
“So che cercate uno strumentista di bordo.” disse.
Il signor Tuna alzò gli occhi su di lui e lo squadrò a lungo. Poi li riabbassò.
“Tu non sei uno strumentista.”
Lo straniero allora si sedette al suo tavolo.
“Di preciso no.” disse a bassa voce. “Io non suono nessuno strumento, se è questo che intendete. Però canto, e molto bene anche. Qualsiasi cosa lei voglia sentire io sono capace di cantarla. E in confidenza le dirò anche che qualche strumento, con la voce, riesco a farlo piuttosto bene. Perché non mi mettete alla prova?”
Il signor Tuna sorrise. A lui servivano strumentisti veri, gente capace di leggere sul quadrante dello scandaglio e del radar i più segreti movimenti del pesce, e tuttavia quel giovane gli era simpatico. Si guardò allora intorno cercando uno spunto, e quando vide l’oste che versava della birra in un boccale, spillandola da una piccola botte sospesa sopra il bancone, disse:
“Cantami una canzone sulla birra.”
Lo straniero a sua volta sorrise. A lungo. Lo fece per prendere tempo, perché di canzoni sulla birra non ne conosceva nemmeno una. Poi però si voltò anch’egli verso l’oste e vide ciò che gli serviva. Seguì il movimento della birra che usciva dalla botte e scorreva lungo il vetro inclinato dei boccali. S’infilò allora in quel rigagnolo giallastro, orlato di schiuma e invaso di bollicine. S’immaginò la vita all’interno della botte, quando il liquido riposa e i colori ancora non esistono, quando tutto è immobile, vivo, ma inerte.
Iniziò con una nota lunga, bassa e sofferta. Senza allegria. Una nota in minore che affiorava dal suo corpo e una volta nell’aria vibrava aggrappandosi alle pareti della locanda.

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