“Non si possiede ciò che non si comprende,” scriveva Goethe alla fine del Settecento. Per comprendere e quindi possedere i territori che attraversava, lo scrittore tedesco saliva sulle torri e sui campanili, si arrampicava sulle cime delle colline. Alla ricerca di nuovi punti di vista e di orizzonti sempre più vasti, si sforzava di staccare la propria ombra da terra. Nel mese di ottobre del 1786, di passaggio a Bologna, salì sulla torre degli Asinelli e vagò con lo sguardo attraverso la pianura Padana fino alle Alpi.
“Sul far della sera,” scriveva Goethe, “sono salito sulla torre a consolarmi all’aria aperta. Che veduta!
A nord si scorgevano i colli di Padova, le Alpi svizzere, tirolesi e friulane, tutta la catena settentrionale avvolta nella nebbia…”
Circa un secolo dopo, sul finire dell’Ottocento, Giovanni Verga fece qualcosa di simile osservando Milano e la Pianura Padana dalle guglie del Duomo.
“Basta salire sul Duomo in un bel giorno di primavera,” scriveva Verga, “per averne un’impressione grandiosa ma calma. Al di là di quella vasta distesa di tetti e di campanili che vi circonda, tutta allo stesso livello si spiega la pianura lombarda, di un verde tranquillo, spianata col cilindro, spartita colle seste, solcata da canali dritti, da strade più dritte ancora, da piantagioni segnate col filo senza un’ondulazione del terreno…”
Vista dall’alto, in tutta la sua estensione, la Pianura Padana appare come una distesa immensa, vagamente malinconica. Una sorta di agorà racchiusa tra le Alpi e gli Appennini: un anfiteatro naturale vasto quasi cinquantamila chilometri quadrati.
In questo lembo di terra, dove Giovanni Verga vedeva distese di campi coltivati e interminabili filari di gelsi, venti milioni di anni fa c’era solo il mare. E prima ancora, qualche centinaio di milioni di anni fa, il mondo era composto da una sola grande terra, chiamata Pangea, circondata da un unico oceano.
Una serie di profonde spaccature diedero origine a una frattura che divise la Pangea in due blocchi di terra, uno a nord e l’altro a sud. In mezzo, si rincorrevano le onde di un immenso mare chiamato Tetide.
Il blocco settentrionale comprendeva le terre che sarebbero diventate l’America del Nord, l’Europa e parte dell’Asia, mentre il blocco meridionale includeva l’Africa, parte dell’Asia, l’America del Sud, l’Australia e l’Antartide. Successivamente, un’altra violenta frattura separò le terre del nord creando l’Oceano Atlantico e spostando l’Africa verso levante, mentre nel blocco meridionale si staccò la penisola indiana. Sparì la Tetide, l’oceano primordiale, mentre nuove collisioni deformarono le rocce, piegandole e fratturandole fino a farle accavallare e generare nuove catene montuose, tra cui le Alpi e gli Appennini.