ORONZIO E NICCOLÒ DE NORA Due vite, cento anni di storia.

Oronzio De Nora è un ragazzo con i calzoni corti e la maglietta a righe che esce di corsa da scuola. Sulla pagella ha sette in condotta e nove in tutte le altre materie. È bravo soprattutto in aritmetica e scienze. Un tipo irrequieto, vivace, incapace di stare fermo al banco, che schizza fuori dall’aula e si precipita in strada dove lo attende il padre, le braccia conserte, l’abito scuro e il cappello con la tesa calata sulla fronte, la barba folta allungata sotto il mento e gli occhiali tondi di bachelite nera che incorniciano lo sguardo, magnetico e vitale.
Il piccolo Oronzio si reca spesso a visitare l’acquedotto di Altamura, di cui il padre, Michele De Nora, è ingegnere responsabile. Dopo essersi laureato in Ingegneria Civile a Torino nel 1885, Michele De Nora è stato assunto come Ispettore dall’Ente Strade Ferrate Italiane, un settore che dipende direttamente dal Ministero dei Lavori Pubblici. Dopo alcuni incarichi svolti in ambito ferroviario, Michele De Nora torna ad Altamura per svolgere la libera professione e occuparsi, tra l’altro, proprio dell’acquedotto pugliese.
Per il piccolo Oronzio, il padre Michele è un punto di riferimento insostituibile, un maestro dal quale apprendere tutto ciò che serve imparare. Come vivere, come studiare, come stare al mondo.
Durante le gite insieme al padre, Oronzio affina l’amore per le scienze, apprende uno stile di vita, getta le basi per consolidare quella filosofia del lavoro e dell’impegno che non lo abbandonerà più.
Il padre gli mostra i dettagli tecnici del nuovo acquedotto. Nel tempo libero trascorrono molte ore insieme, ma invece di giocare visitano le botteghe di fabbri e falegnami; lavorano il ferro, limano, piallano, incollano. Michele De Nora insegna al figlio i segreti dei materiali e il piacere del lavoro manuale, che non è un’appendice della progettazione, ma il momento nobile in cui si perfezionano le idee e si trasformano i progetti in realtà.
Michele De Nora insegna, il piccolo Oronzio impara.

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Dalla nota introduttiva di Federico De Nora

Come tutti i bambini consideravo mio padre speciale e unico. Adesso che anch’io sono padre mi rendo conto di quanto amasse i suoi figli. Odiava la falsità e premiava l’impegno. In qualsiasi contesto l’abbia visto era un punto di riferimento. Uno dei dispiaceri più grandi che sono seguiti alla sua scomparsa è l’idea che i miei figli non potranno mai conoscere e stare insieme al nonno Niccolò…
Nonno Oronzio lo ricordo come un gigante. Un omone sempre sorridente che ogni volta che mi vedeva mi riempiva di cose da mangiare e regali strani. A ottant’anni aveva l’energia di un cinquantenne.
Amava il suo lavoro, ma soprattutto amava la vita…
In queste pagine riconoscerete le due persone straordinarie che ho avuto come nonno e papà.

 

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