VITA AL TEMPO DEL SERPOTTA Palermo nel ‘700

Testo originale di Luca Masia
interpreti Antonella Nieri, Giuseppe Santostefano, Roberto Burgio, Vito Di Bella,

Giuseppe Montaperto, Elena Pistillo, Paolo la Bruna, Antonio Raffaele Addamo,
Anton Giulio Pandolfo, Irene Scaturro, Claudio Risso.
musici Gianclaudio Del Moro, Silvio Natoli, Vincenzo Alessandra
adattamento e aiuto regia Marco Amato
regia di Walter Manfrè

 

Nota di regia di Walter Manfrè

È difficile comprendere il fascino che esercita, in chi vive di Teatro, la scoperta di un luogo storico rimasto intatto nella sua struttura architettonica soprattutto nel momento in cui ti viene data la possibilità di farlo rivivere rioffrendolo al pubblico attraverso uno spettacolo-evento.
La coscienza della Profanazione nasce in te prepotente con un sottile delirio di onnipotenza: ti si offre di rianimare la Storia, di riesumare la Cronaca.
Poi, mentre da un lato senti tornare in te l’esigenza di non fallire dall’angolo didattico nella ricostruzione di avvenimenti e di “cose”, dall’altro avverti pressante la prepotente voglia di seguire la tua fantasia abbandonandoti al flusso esoterico che quel luogo sprigiona.
E quando infine la tua emozione trova la sua ragione di essere sullo stesso piano della verità, allora tutto diventa possibile e la paura di sbagliare pian piano svanisce.
Palermo. Palazzo Sant’Elia. la via Maqueda. Mercato Ballarò. La Kalsa. Nomi fantastici solo a pronunciarli. Tutto come nelle “Mille e una notte”. Ma anche come fra un secolo. Il passato è così uguale al presente da rendere possibile in te la sensazione di conoscere il futuro. Almeno attraverso i sensi. Le storie che racconti, di quel tempo, sono uguali alle tue di oggi: potere, amore, morte.
E quando dentro il Palazzo gli attori pronunciano le parole che forse pronunciavano quei personaggi del 700 e senti il rumore assordante delle motorette palermitane dalle marmitte sfondate che profanano, quelle sì, la poesia che vorresti afferrare, capisci che in fondo, dopo la prima irritazione, forse è lì il senso di tutto. Nel “non riparo” al quale, “Noi del Sud” abbiamo messo – e ancora mettiamo –
le nostre opere d’arte, la nostra Storia, le nostre radici.

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