Introduzione di Antonio Ricci
Venite, ma non come turisti, mi raccomando, come ospiti.” Con questa formula di rito si congeda ogni volta il presbitero Davide. Fin dalle origini, nella sua liturgia, Striscia ha curato la forma simbolica. E’ nel canone che il comico uranico – maschile – convesso si unisca al comico ctonio – femminile – concavo nell’introito, quando i due celebranti recitano l’antifona al centro della mensa, dove officeranno la messa in onda per milioni di fedeli. Per loro, con devozione non penitenziale, il Rampello pellegrino (per + ager) migra per i campi, portando con sé la sedia gestatoria, non già per essere visto, ma per vedere meglio. Dal suo autorevole guscio-faldistorio lo “strisciante” gasteropode dichiara “Qui mi sento come a casa” e aguzza gli occhi peduncolati.
L’apostolo-inviato va, non erra, rispondendo alla chiamata di terre vocate per il bene proprio e del prossimo. Con percorsi quasi iniziatici ci guida in santuari di consultazione oracolare, dove monaci missionari coltivano saperi saporiti e benedetti norcini, con le loro pratiche, provocano stati allucinatori. Non c’è salvezza senza fatica e sacrificio umano.
Davide Rampello, collegando con fili punti distanti dell’Italia e serrando bene i nodi, tesse un forte, ma leggero, macramè.