EIGENMANN & VERONELLI La chimica per il progresso nelle industrie

I fratelli Auguste e Louis Lumière raggiungono l’Île de la Cité di buon mattino e dispongono le attrezzature davanti alla cattedrale di Notre Dame. È una soleggiata domenica d’inizio inverno. Cielo nitido, aria tersa, le condizioni ideali per girare un film.
Un paio d’anni prima, durante le vacanze di Natale del 1895, avevano realizzato il primo spettacolo cinematografico a pagamento, riprendendo gli operai che uscivano dalla loro fabbrica di Lione.
Auguste si stira i baffi a manubrio mentre Louis posiziona il cavalletto nella piazza già affollata di passanti, biciclette, carrozze. Uno scatto dell’otturatore e il movimento fluido della realtà si fissa sulla pellicola in bianco e nero. Ognuno di quei fotogrammi racchiude il battito della Parigi di fine Ottocento, la Ville lumière in piena Belle Êpoque.
Davanti alla cattedrale di Notre Dame s’incrociano le carrozze. Alcune sono scoperte e le signore tengono l’ombrello aperto per ripararsi dai raggi obliqui del sole. Il conducente di una vettura trainata da un cavallo bianco porta l’abito scuro, la tuba in testa e una coperta sulle gambe. Entra in campo un’altra carrozza, con il marchio Vichy dipinto sul retro. Subito dopo compare un giovane, con una borsa di cuoio sottobraccio. Supera l’infilata di lampioni e attraversa la strada guardando dritto davanti a sé.
Porta un cappello chiaro, l’abito scuro e la camicia bianca che spunta da sotto il panciotto. Come Auguste Lumière che lo sta riprendendo, il giovane ha i baffi grandi, ben tagliati e rivolti all’insù, già folti nonostante sia poco più di un ragazzo. Lo seguiamo camminare tra le carrozze e le biciclette che lo sfiorano. Chi mai sarà quest’uomo? Da dove viene? Dove sta andando? Forse se lo domandano anche i fratelli Lumière, mentre seguono i suoi passi rapidi nel mirino della cinepresa.

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